
Nel 2020, primo anno segnato dalla pandemia, tiene il settore italiano dei prodotti Dop Igp, registrando 16,6 miliardi di euro di valore alla produzione, in calo del 2% rispetto all’anno precedente.
Rappresenta il19% del fatturato totale dell’agroalimentare italiano, mentre l’export rimasto stabile con 9,5 miliardi di euro è pari al 20% delle vendite totali del settore. Sono i dati che emergono dal XIX Rapporto Ismea-Qualivita sulla Dop economy, confermando il ruolo esercitato da questo patrimonio nei territori, grazie al lavoro di 200mila operatori e 286 Consorzi di tutela dei comparti cibo e vino. Diverse le categorie che confermano un forte dinamismo all’interno del sistema delle Indicazioni Geografiche italiane, come le Paste alimentari, i Prodotti della panetteria e pasticceria, l’ortofrutta. Un mondo composto da 841 riconoscimenti, che ha due facce della stessa medaglia, dove il comparto agroalimentare vale 7,3 miliardi di euro alla produzione in calo del 3,8% in un anno ma con un trend del +29% dal 2010, mentre il vitivinicolo imbottigliato 9,3 miliardi (-0,6%) e quello sfuso 3,3 miliardi, con le Dop che ricoprono un peso economico pari all’81%.
Bene l’impatto economico che questo patrimonio ha avuto in tutte le regioni e le province italiane, dove il valore si conferma ancora una volta concentrato nel Nord Italia. Tra le prime 20 province, ben undici sono localizzare in questa area, a partire dalle prime tre – Treviso, Parma e Verona- che registrano un impatto territoriale oltre il miliardo di euro. Solo l’area “Sud e Isole” mostra un incremento complessivo del valore rispetto all’anno precedente del 7,5%, con crescite importanti soprattutto per Puglia e Sardegna. (Ansa)