Mese: Marzo 2021

Frutta e verdura: gli italiani ne consumano più di tutti in Europa

L’Italia, rispetto agli altri stati membri dell’Unione Europea, è il Paese in cui la propensione al consumo di frutta è più elevata. Nel complesso, l’81% della popolazione in Italia assume almeno una porzione di frutta o verdura al giorno, ma il primato riguarda anche le quantità, oltre che la frequenza. Nel 2020, secondo le elaborazioni di Nomisma, il consumo pro capite annuo (a casa e fuori) di ortofrutta fresca in Italia è stato di 160 kg, di gran lunga superiore rispetto a quello di molti paesi europei come la Germania (che si ferma a 109 kg) o il Regno Unito (101 kg).

Questi i primi dati di Organic F&V Monitor, l’Osservatorio – promosso da AssoBio e Alleanza Cooperative Italiane e curato da Nomisma – che nasce nell’Anno Internazionale della frutta e della verdura promosso dall’Onu. Nell’anno della pandemia, sottolinea l’analisi, una famiglia su quattro ha acquistato ortofrutta online dai siti della grande distribuzione, con una domanda potenziale ancora maggiore e non soddisfatta a causa di una forte intensità delle richieste (durante il lockdown il 16% ha provato a effettuare un ordine senza successo). Per l’ortofrutta il canale online non si esaurisce con la Gdo (grande distribuzione): un ulteriore 15% ha acquistato da siti di produttori o mercati agricoli online. E per il 60% degli incaricati agli acquisti per i rispettivi nuclei familiari, evidenzia ancora lo studio Nomisma per Assobio e Alleanza Cooperative Italiane, l’origine 100% italiana acquisirà ulteriore centralità nelle scelte scelta di frutta e verdura. Ne è conferma l’elevata importanza attribuita ai prodotti ortofrutticoli a km zero o del territorio (45%). Anche la ricerca di adeguate garanzie di controllo e rintracciabilità lungo la filiera genera interesse (45%). Tra gli altri valori determinanti, ci sono i prodotti biologici (34%) e salutistici (32%), con un occhio anche alla sostenibilità, grazie alle confezioni in materiali riciclabili o ecosostenibili (30%) (ANSA).

Per il 33% delle aziende GDO la sostenibilità è il driver crescita

Il 33% delle aziende della Gdo in Italia considera il valore della sostenibilità un driver di crescita, pertanto adotta buone pratiche sostenibili. Emerge da un’indagine condotta dall’Alta scuola impresa e società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Altis) di Milano, su un campione di 27 insegne appartenenti ai maggiori gruppi italiani che operano nella distribuzione alimentare al dettaglio. In base alle rilevazioni Nielsen, queste insegne rappresentano oltre il 97% della Gdo alimentare italiana. Tra gli ambiti di impegno, figurano riduzione degli impatti ambientali (77%), iniziative di solidarietà e di presenza sul territorio nei quali sono collocati i punti vendita (63%), innovazione e sostenibilità (52%), qualità dei prodotti e sicurezza dei clienti (48%), gestione responsabile delle persone e delle risorse umane (48%). Anche la comunicazione diventa più strategica. Il 67% delle imprese comunica la sostenibilità innanzitutto tramite il sito Internet, mentre è in crescita il numero di azienda che pubblica bilanci di sostenibilità (+23% del 2018-2019 sul 2017).

Tuttavia spesso la comunicazione della Gdo privilegia alcune dimensioni, come i prodotti ecosostenibili o le iniziative rivolte alla comunità, a discapito di altre per le quali non sono presenti informazioni. Quindi c’è ancora spazio di miglioramento. Da uno sguardo più in dettaglio risulta che le aziende della Gdo adottano approcci diversi ai principi della sostenibilità. C’è infatti un primo polo composto da aziende che sono consapevoli del valore della sostenibilità quale driver di crescita e di comunicazione efficace e sono a uno stadio avanzato di integrazione (33% sistematico e 11% innovativo). Un altro polo è poi composto da aziende che, al contrario, vedono la sostenibilità in modo tradizionale, principalmente in termini di compliance, sono poco orientate alla comunicazione dei risultati e si relazionano in modo unilaterale con gli stakeholder (19% informale e 15% non classificabile). Tra questi due poli si pone il restante 22%, composto da aziende pronte a fare il passo per una gestione più consapevole degli impatti sociali e ambientali e con una configurazione più fluida nella comunicazione della sostenibilità. Secondo lo studio, il 48% delle aziende del campione ha pubblicato un bilancio di sostenibilità nel biennio 2018-2019 e il 33% ha formalizzato un piano strategico di sostenibilità, dichiarato esplicitamente nelle pagine del bilancio o del sito. Il 46% delle aziende che pubblica il bilancio, e che ha formalizzato una strategia di sostenibilità, associa ai propri obiettivi i target degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – Sdg) e quelli maggiormente richiamati nelle proprie strategie sono il 2 (Porre fine alla fame), il 3 (Salute e benessere), l’8 (Sviluppo sostenibile), il 12 (Produzione e consumo responsabili) e il 13 (Lotta contro il cambiamento climatico). (ANSA)